giovedì 31 luglio 2008

Divagazioni mongole (ultima parte)

Esistono dei piccoli agglomerati di casette, che altro non sono che guanz, ovvero piccole trattorie alla mongola dove mangiano camionisti e viaggiatori in genere, lì attorno spesso si trovano anche specie di gommisti-meccanici, e alcune gher con posti letto per chi vuole riposarsi. La difficoltà nel preparare l’itinerario di questo viaggio è trovare i posti sulle cartine geografiche, perché spesso i nomi indicano alberi famosi, rocce o addirittura ovoo. La zona di Badmaraag con tutti i suoi coloratissimi campi fioriti è rinomata per il vulcano Khorgo, si può salire in vetta e camminarci attorno ammirando i favolosi paesaggi, tutt’atorno le colate laviche hanno creato un ambiente molto particolare, con massi appoggiati l’uno all’altro a costituire passaggi strani ma anche grotte sacre. Vicino si trova lo Tsagaan Lake, conosciuto anche come lago bianco, con piccole ma affascinanti spiagge in sabbia che danno lo spunto per scene anni’50: tutta la famiglia con il cesto del picnic, i materassini , il radiolone e la suocera che si dirigono con passo marziale verso il luogo di balneazione prescelto. C’è abbastanza turismo interno, nei posti più belli si trovano spesso accampamenti di famiglie di U.B. (“in Mongolia Ulan Bator la chiamiamo comunemente Ub!”) per il weekend. Il viaggio sta finendo ma c’è ancora tempo per stupirsi di fronte a panorami sempre affascinanti e nuovi. Nello stesso giorno, ammirate le immense aperture del terreno che creano vallate spettacolari attorno ad un fiume, incontriamo prima l’albero sacro adornato di sciarpe blu poi il monolito sacro attorno al quale si radunano famiglie nel rito del lancio del sasso. Non ci resta che vedere l’ultimo monastero del viaggio, Ovkhon khiid, situato nella meravigliosa zona del Khognocamp, in cui montagnole granitiche dalle forme più svariate creano un ambiente favolesco ancor più affascinante mentre cambia colore al tramonto o mentre crea strani riflessi sotto la luna piena. Mi ritrovo a zampettare tra le rocce per vedere un animale che curiosamente saltella veloce ai limiti del campo, è Roger Rabbit, o meglio è un bel coniglio selvatico dalle orecchie lunghissime. Ultimi bicchieri di vodka e all’orizzone appare la porta di Ulan Bator. Città caratterizzata da grossi casermoni in stile sovietico e da un’immensa piazza davanti al Parlamento, Sukhbatar square. Che dire, la Mongolia è un viaggio nella natura e nella sua libertà con spazi infiniti … la si visita non per vedere chissà cosa ma solamente per respirare il viaggio!!

Roger Rabbit in Mongolia

Piccoli strumenti


Si è mosso?